Il libro nero del capitalismo (2001) 548 pgg. Editore Tropea, collana Best.

Nota di copertina: Il capitalismo è l'unico modello di società reputato oggi soddisfacente, se non ideale. La sua maggiore virtù consiste nel raggiungere il massimo profitto nel minor tempo possibile; in questo sistema, gli unici bilanci che valga la pena di citare sono quelli contabili, ma a quale prezzo? Associare il capitalismo a parole come "crimine" e "genocidio" è lecito quando ci si rende conto che gran parte dell'umanità, al di fuori dell'Occidente, vive in condizioni di povertà spaventose e rischia costantemente la vita a causa di malattie, conflitti e malnutrizione. Un gruppo di storici, economisti, sociologi, sindacalisti e scrittori, come Gilles Perrault e Jean Ziegler, ripercorre la storia dell'ultimo secolo alla luce degli eventi più tragici e drammatici che hanno macchiato di sangue le democrazie occidentali del "Primo mondo". Schiavitù, repressioni, torture, appropriazioni di terre, dittature imposte, disastri ecologici: i danni prodotti dal capitalismo sono incalcolabili e sotto gli occhi di tutti.

Nota di recensione: Sinceramente pensavo che si trattasse dell'operetta un po' raffazzonata messa rapidamente su, qui in Italia, da dei buoni compagni, che so? studenti, sindacalisti, qualche intellettuale, volenterosamente autoreclutatisi allo scopo di rendere la pariglia al berlusconiano ed strombazzatissimo "Libro nero del Comunismo" del quale il tycoon di Arcore alla vigila delle scorse elezioni graziosamente inondò l'Italia. Mi sbagliavo: si tratta 'solo' della "importazione" in Italia di un libro che all'estero circola già da tempo ("I tempi delle ciliegie", Francia 1998) che a sua volta è un'antologia di una serie di scritti di studiosi di tutto il mondo apparsi nel tempo, in un lungo periodo di tempo, presso giornali, libri e riviste di tutto il mondo. I suoi capitoli sono i seguenti (apporterò ai titoli di ognuno di essi delle brevi, eccentriche considerazioni):

1): "Le origini del capitalismo", che cominciò a darsi quella struttura pianificata che lo ha reso invincibile nei secoli XV-XVI, con la scoperta dell'America da parte di Colombo. Cristoforo, ovvero 'Portatore di Dio', si chiamava quel maledetto bigotto, ma è come se avesse portato con sé il diavolo. Il suo fatale errore ha portato al mondo morte e distruzione e per questo mi auguro che avvampino, lui e il suo pomposo nome, nell'eterno fuoco dell'inferno.

2): "Economia schiavista e capitalismo: un bilancio quantificabile", ma spaventoso. Chi conosce l'indole dei lusitani e ne ama la intensa e struggente musicalità si meraviglierà d'apprendere, come me ne sono meravigliato io, che furono proprio i portoghesi i primi a pensare all'Africa nera come ad un immenso serbatoio di manodopera a costo zero.

3): "Fuoco, sono soltanto operai!", ovvero quanto sono diversi da quei poveri disgraziati i lavoratori di adesso, grassi come scarafaggi, pigri come masconi, attaccati ai privilegi come i ragni alla loro tela e tutelati più che la foca monaca.

4): "1744-1849, un secolo lionese: gli operai della seta di fronte ai cannibali del profitto", "E voi - m'è venuto di chiedermi - voi, cari Epifani-Pezzotta-e-Angeletti, dov'eravate? Lei, onorevole D'Antoni, dov'era? Dov'eravate voi, compagni Del Turco e Benvenuto? E lei, esimio dottor Cofferati? Dov'eravate tutti? Attorno a una tavola rotonda o in una tavola calda?".

5): "1871: tradimento di classe e settimana di sangue" dove si narra di quanto i mercanti e i buoni borghesi di Francia preferissero alle rivendicazioni dei comunardi le baionette dei prussiani.

6): "Repressione antisindacale", leggendo il quale ho più volte esclamato "Per Putifarre, che tempi!".

7): "Le bande armate del capitale nella Francia repubblicana", ovvero sangue nuovo, signori e signore. Denti nuovi, nuovi appetiti: la vecchia Francia si anglicizza.

8): "La Grande Guerra: 11.500 morti e 13.000 feriti al giorno per tre anni e mezzo". "Credevamo di morire per la Patria e invece morivamo per gli industriali", così disse André Gide che vi partecipò.

9): "Controrivoluzione ed interventi stranieri in Russia (1917-21)", laddove si racconta che, siccome la classe non è acqua, gli inglesi, i tedeschi e i francesi, acerrimi nemici sui campi d'Europa, appassionatamente s'unirono a strangolare il nascente bolscevismo.

10): "La seconda guerra mondiale", ovvero un'ecatombe di 50 milioni di morti voluta dai mercanti di armi di qua e di là del Mare del Nord e di qua e di là dell'Atlantico quando il 'mostro' Hitler chiedeva solo pari dignità sui mari e di potersi convenientemente allargare ad est. E per favore non mi si venga a dire che a sir Winston Churchill importasse qualcosa degli slavi.

11): "Sull'origine delle guerre e di una forma parossistica del capitalismo", dove si dimostra perché e come il capitalismo abbia sempre mantenuto stretti vincoli con le opere di morte.

12): "Imperialismo, sionismo e Palestina", ove si narra del capolavoro diplomatico della perfida Albione che per trarli a sé nella guerra contro i turchi promise un insediamento in Palestina sia ai palestinesi che ai sionisti.

13): "Guerra e repressione: l'ecatombe vietnamita". Qui all'impiedi tutti, signore e signori! Si tratta dell'unica guerra, e che guerra! dove l'imperialismo USA sia uscito sconfitto e scornato.

14): "Massacri e repressione in Iran", dove si tratta di Reza Pahlevi, scià di Persia, ombra di Dio sulla terra, sanguinario satrapo che mentre la sua gente moriva di fame, tutti i giorni da Teheran mandava un aereo in Italia a prendere la mozzarella di bufala campana di cui era ghiotto.

15): "Genocidio anticomunista in Indonesia", che se, a scriverne i nomi, Sukarno e Suharto sembrano quasi uguali, politicamente tra i due correva la stessa differenza che corre tra la vita e la morte. Solo che il secondo eliminò il primo.

16): "L'annessione indonesiana di Timor Orientale", dove Suharto, e dopo di lui Marcos, risultarono peggiori perfino di quanto Washington avrebbe voluto. E non è che a Washington vadano tanto per il sottile su queste cose...

17): "L'Iraq vittima del petrolio", capitolo che dimostra inconfutabilmente che il problema non è Saddam bensì il petrolio. E così sarà sempre, perché c'è l'oro nero sotto le sabbie mesopotamiche e dentro le teste dei texani.

18): "L'Africa nera sotto la colonizzazione francese". Oh, l'imperialismo francese! Più recente e quindi più insofferente e brutale di quello inglese.

19): "Algeria 1830-1998: dal capitalismo coloniale alla ricolonizzazione mondializzata", ovvero come con i soldi dei contribuenti il governo francese comprava delle mucche perché i capitalisti privati s'attaccassero alle loro pingue mammelle.

20): "L'Africa delle indipendenze e del comunismo (1960-1998): indipendenza dal comunismo, come a dire il povero George Dobliù Bush che un giorno sì e l'altro pure dinanzi a due o trecento microfoni si lagna dell'ingrato compito degli USA di diffondere e difendere la democrazia nel mondo.

21): "Gli interventi statunitensi in America Latina", là dove viene finalmente spiegato che la famosa dottrina Monroe "L'America agli Americani" dev'essere intesa nel senso di "Il continente americano agli Stati Uniti". E così CIA!.

22): "Stati Uniti, il sogno incompiuto: la lunga marcia degli afroamericani", ovvero la lunga marcia del povero zio Tom dal paleocapitalismo dei stati del sud al capitalismo più moderno e spregiudicato di quelli del nord.

23): "Centenario di un genocidio a Cuba: la riconcentrazione di Weyler", ove si tratta delle vicende di Cuba, una volta definita la pattumiera degli Stati Uniti! Vita lunga a Fidel, lider maximo!.

24): "Il genocidio degli amerindi", che erano troppo deboli per lavorare duro, quindi meglio i negri!

25): "Il capitalismo all'assalto dell'Asia", ossia i prodromi della globalizzazione, quando in nome della libera circolazione delle merci ai cinesi e ai giapponesi si imposero con le cannoniere il made in USA e in UK.

26): "Le migrazioni nel XIX e nel XX secolo: un contributo alla storia del capitalismo", che m'ha fatto tornare alla mente un famoso film di Michael Cimino sulla grande depressione che ci fa vedere come là dove servivano diecimila braccia artatamente se ne mandavano centomila così ché il prezzo della manodopera crollava.

27): "Capitalismo, corsa agli armamenti e commercio delle armi", leggendo il quale m'è tornata alla mente la frase sconsolata che tra il serio e il faceto era solito dirmi un mio cliente di Villalba, padrone dell'unica impresa di pompe funebri del paese, "Caro direttore, non si può più vivere. Non muore più nessuno!".

28): "I morti viventi della mondializzazione", dove si illustrano i crimini dall'inquinamento industriale e le responsabilità dei governi occidentali.

29): "La mondializzazione del capitale: le cause della minaccia di una nuova barbarie", ovvero la globalizzazione, questo tristo fenomeno in base al quale quel che va bene agli Stati Uniti deve andare per forza bene all'intero mondo.

30): "I banchieri svizzeri uccidono senza le mitragliatrici". ossia "Perché denunciarlo [il reddito], con tutto il bene che ci ha fatto...?".

31): "La pubblicità è più efficace delle bombe: i crimini pubblicitari nella guerra moderna". Il grande Flaiano era solito dire che la pubblicità unisce l'inutile al dilettevole. Solo che l'inutile tocca sempre a noi mentre tutto il diletto se lo prendono loro.

32): "... e se non bastasse l'abolizione del capitalismo!". "No, no, i signori devono continuare a vivere da signori!", direbbe Marcello Marchesi. "Se no i poveri si perdono lo spettacolo".

Appendice: "Capitalismo e barbarie: riepilogo dei massacri e delle guerre nel XX secolo". Morti, morti, morti! Calcolatrice alla mano fanno 99.400, dal genocidio dei pellerossa fino alla santa crociata in Bosnia. Non entrano nel conto, perché "Les temps des cerises" è del 1998, i morti per la normalizzazione della Iugoslavia e quelli per la liberazione dell'Afganistan, mentre non fanno testo quelli che ogni giorno muoiono in Palestina. Questa macabra contabilità, questo voler contare i morti per poter dire "Sono di più i miei" mi sembra una cosa alquanto berlusconiana. Sia perché i morti non sono uguali e sia perché io tra un morto di destra e un morto di sinistra preferisco sempre il mostro di destra.

Forse è per questo mi sarei divertito di più a leggere "Il libro nero del Comunismo" anziché questo. Vuoi mettere, i metodi e le risorse di uno Stalin!

7 gennaio 2003